Siamo cresciuti in una famiglia tradizionale, di persone semplici: mamma impiegata statale e baby – pensionata a 36 anni, papà operaio.
Ci hanno educati ai “valori di una volta”: la buona educazione, il rispetto dell’altro, l’impegno nello studio, i sacrifici, il rimanere umili (e questo, a volte, si confondeva con “modesti” e “meglio volare basso, ma sicuro”)…

Dal punto di vista lavorativo, soprattutto papà sperava di vederci ben sistemati in una bella assunzione a tempo indeterminato, in un lavoro sicuro e tranquillo, con qualche straordinario pagato (cosa che dove lavoravamo noi non esisteva più da tempo…al massimo si poteva sperare in un “recupero ore”…o che si amasse talmente tanto il nostro lavoro dal considerare le ore in più come “volontariato”… e pazienza così!).
E noi, per i nostri primi anni post universitari, così ci siamo comportati. Andrea in effetti ha presto trovato assunzione in uno studio, Elena, svolgendo il suo lavoro nel settore del sociale, ha faticato un po’ di più a sistemarsi, perchè in quegli anni nascevano i primi contratti interinali e le forme di collaborazione precaria. Finalmente però anche lei è arrivata a toccare il tanto agognato traguardo del posto fisso!

C’era un piccolo particolare, però: per quanto amassimo entrambi i nostri lavori, le condizioni in cui li svolgevamo, il ruolo da dipendente, la libertà limitata in cui esso ci collocava e la scarsa possibilità di fare volare la nostra creatività, ci faceva sentire soddisfatti a metà.
Se poi aggiungiamo che entrambi amiamo la libera gestione del nostro tempo, la possibilità di organizzarci in autonomia l’agenda lavorativa e abbiamo il desiderio di una vita dove il lavoro sia una parte importante della realizzazione di una persona, ma non vogliamo sia totalizzante…qualcosa non tornava.
Gli orari da dipendente erano fissi e stabiliti da altri. E occupavano, tra viaggi per andare e tornare e ore in più di permanenza, la quasi totalità delle giornate settimanali. Lasciandoci stressati la sera, o nei weekend. Sappiamo che è la vita della maggior parte dei fortunati che possono dire di avere almeno il lavoro, oggi come oggi. Ma per noi non era propriamente così.
Sentivamo il desiderio di poterci realizzare con qualcosa di nostro.

 

 

E così abbiamo fatto la nostra scelta: prima Andrea, ancora giovane e senza prospettive di famiglia all’orizzonte, si è messo in proprio come Grafico, allestendo un proprio studio da casa.
Poi Elena, che dopo aver portato avanti per quattro anni un doppio lavoro per garantirsi un terreno stabile su cui costruire la sua libertà, ha lasciato il mondo del lavoro dipendente e oggi si dedica a una delle nuove forme di professione libera presenti in Italia.

Sono state scelte facili le nostre? Di primo acchito diremmo di no: innanzitutto abbiamo mandato i nostri genitori in tilt per qualche tempo, a causa della preoccupazione per i rischi che abbiamo deciso di assumerci con un lavoro in proprio e abbiamo lasciato in loro una certa confusione (ad esempio, non sanno ancora spiegare oggi che lavoro faccia Elena).
Dopodiché lavorare in proprio significa assumersi una serie di responsabilità personali, dove l’impegno, l’intraprendenza, la costanza, l’autodisciplina e l’organizzazione sono fondamentali e non sempre facili. E non è semplice oggi neanche trovare o relazionarsi con clienti e collaboratori, con chi aderisca e sostenga dei progetti innovativi o personali.

Eppure per noi è una sfida, una gioia, un piacere. Crediamo in ciò che facciamo e lo viviamo con entusiasmo. Sfide e trovare soluzioni ai problemi comprese.
In questa rubrica troverete la nostra testimonianza su questo stile di lavoro: la mentalità che sviluppiamo sempre più, gli esempi che emergono dalle nostre esperienze, le potenzialità, le competenze da sviluppare, la soddisfazione che ne deriva.
Chissà che qualcuno di voi possa sentirsi incoraggiato a fare qualcosa di simile, se lo avesse in mente. Per trovare il suo coraggio…chissà, magari anche grazie al piccolo contributo che con la nostra esperienza potremo donarvi!
Se lo volete, state con noi!